QUESTIONI DI GIOCO

Imbrigliata tra vincoli ingannevoli come forme strutturali di conservatorismo (sui cui fondamenti non sembra curarsi troppo di una loro natura, vera o presunta, così come quindi di una loro specifica origine) all'Europa manca un'autentica iniziativa rivoluzionaria che la ricompatti.

Poiché persino l'attuale presidente degli Stati Uniti non sembra considerare che la partita che si sta giocando in fondo sia sempre la stessa: nel dilemma risolutivo Russia/NATO, nella misura in cui il rapporto con i primi è legato provocatoriamente a un'operazione militare (e come richiesta d’esecuzione mai troppo esplicitata) da una sua volontà di pace è sempre più inevitabilmente portato alla guerra, nel mentre che già sui secondi la richiesta di un incentivo agli armamenti - sia come sia - assumerà in confronto funzioni di deterrenza, ovvero farà da contraltare a un qualcosa creato da coloro i quali - nei confronti sia dall'una che dall'altra parte - un principio di divisione continuano a bilanciare.

Detta divisione, per quanto a un livello secondario sollecitata di una forma politico/commerciale, attraverso il mezzo bellico/finanziario prevede come unica finalità il controllo e il mantenimento sui destini della medesima partita.

Serve una guerra o servono più guerre, ma mai fino al punto di sacrificare un proprio sistema gestionale delineato ormai da secoli, laddove l'eventuale incognita di un azzardo da parte di alcuni, delle due parti ne renderebbe al limite sacrificabile una, come avvenuto anche in passato.

Il resto perenni lacrime e sangue per popoli e comunità, in un contesto generale dove il tutto assume sempre più una forma di vera e propria “presa in giro”, persino nei confronti del mondo politico.